Delirium

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Stuff, il gelato che uccide

Recensione: Girolamo Ferlito
Titolo originale: The stuff
Lingua originale: Inglese
Anno: 1985
Durata: 93 minuti
Regia: Larry Coohen
Soggetto: Larry Coohen
Personaggi principali: Michael Moriarty (David Rutherford Mo), Scott Bloom (Jason), Andrea Marcovacci (Nicole Kendal), Danny Aiello (Vickers), Paul Sorvino (Il colonnello Malcolm)
Colonna sonora [audio:the_stuff.mp3]

voto_mymovies 6,5 voto_delirium 5 voto_imdb 6

Stuff, il gelato che uccide è un film di Larry Cohen ed è datato 1985. Cohen in America è noto come il maestro dell’horror di Serie B. Apprezzato per la sua propensione verso l’orrido sin dagli anni settanta-ottanta, recentemente è stato collocato nella “nicchia” dei registi del terrore grazie alla sua partecipazione alla serie TV “Masters of Horror” (in Italia battezzata come “I Maestri del terrore”). The Stuff (questo è il titolo del film in lingua originale) nasce in piena epoca trash. Si colloca tra quelle pellicole che sono una via di mezzo tra un film sperimentale e uno a basso costo di realizzazione (da non confondere con uno Z-Movie, il film scadente per antonomasia).  Il film racconta la mirabolante escalation di un prodotto alimentare di largo consumo, per l’esattezza un gelato che spopola il mercato schiavizzando di fatto gli U.S.A. Colori sgargianti, pubblicità ben confezionate, tutto fa pensare a un lavaggio del cervello a regola d’arte.

Il pezzo forte non sono i messaggi subliminali ma le proprietà di questo strano gelato bianco dal gusto irresistibile. Scoperta da alcuni minatori durante il turno di notte, la strana sostanza sgorga dal sottosuolo e assaggiandola si scopre avere un gusto strabiliante. In un batter d’occhio grazie all’interessamento e all’avidità di alcuni uomini viene lanciato sul mercato e sbaraglia la concorrenza. Sarà David (impersonato da Michael Miorarty), un ex agente dell’F.B.I., espulso dal corpo per comportamenti abietti, che si interesserà alla questione dapprima lavorando per un’azienda concorrente dello Stuff e poi contro i suoi stessi datori di lavoro (grazie all’aiuto di un bambino, di una pubblicitaria e di un colonnello dell’esercito, classico stereotipo dell’americano medio), quando scopre il sistema che si nascondeva dietro il gelato, all’apparenza innocuo. Il film è vissuto con toni molto scanzonati, al limite del grottesco. Effetti tipici della pellicola a basso costo con un’idea di fondo abbastanza originale. Dopo un primo tempo che mischia l’elemento misterioso al poliziesco di vecchia data, assistiamo ad una serie di eventi che fanno precipitare la storia, il più delle volte, verso cliché un po’ banali e situazioni più comiche che altro.

Precursore di film come “Horror in Bowery Street” (1987), the stuff ha il merito di proiettarci in situazioni apparentemente originali e nuove non disdegnando quel pizzico di splatter, giusto quel poco per farlo collocare insieme al chiaro elemento paranormale tra le pellicole horror. Cohen però ha il demerito di non far capire mai allo spettatore il perché e il come questa sostanza improvvisamente faccia  la sua comparsa sulla terraferma e quali siano i suoi reali intenti, anche se per quest’ultimo punto ci si arriva facilmente guardando il film. Infatti durante l’arco del secondo tempo possiamo notare come la sostanza abbia una vita propria e riesca a manipolare facilmente il cervello e il corpo degli esseri umani che abbiano avuto la sfortuna di assaggiarne il “gusto mortale”. Altra nota dolente è l’evidente scopiazzatura, specie nella parte finale del film, di “Blob, il fluido mortale” del 1959 per la regia di Irvin Yeaworth Jr., del quale a sua volta viene fatto un remake nel 1988-89 con il titolo “Blob, il fluido che uccide”, di Chuck Russel e chissà se Russel, nella scelta del titolo, non abbia preso spunto dal film di Cohen. Consiglio la visione del film solo ai patiti del “Cheap Horror”, (così vengono etichettati in America i film a basso costo, letteralmente horror economico) e agli amanti del trash.

Curiosità: E’ incredibile la differenza tra la locandina del film originale e la copertina del DVD commercializzato in Italia. Quest’ultima lascia molto all’immaginazione dello spettatore che, attraverso l’aria misteriosa e gli sguardi apparentemente tranquilli di una famiglia, deve capire cosa si nasconde dietro quell’alone di perbenismo, mentre invece è netto e inequivocabile il messaggio lanciato dalla locandina originale e dalla copertina del DVD di distribuzione U.S.A. Esattamente l’opposto del titolo che invece inverte i messaggi lanciati allo spettatore.

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