Shock
Shock è un film di Mario Bava, datato 1977. Il regista nativo di Sanremo (Liguria), è da considerarsi il padre dell’Horror italiano. Le atmosfere lente, penetranti e dalla forte impronta psicologica fanno delle sue pellicole un perfetto “macabro” esempio dello stile italiano nel cinema del brivido. Come succede con la maggior parte dei registi, che hanno dedicato gran parte della loro carriera al cinema horror, in Italia Bava fu fortemente criticato e considerato un regista mediocre da apprezzare solo per l’utilizzo di particolari effetti e della fotografia, sua vera specialità. Fu nel resto del mondo che Mario Bava ottenne il giusto tributo venendo considerato tutt’oggi uno dei più grandi “Director” dei film dell’orrore. Un appassionato e culture del genere non può quindi farsi mancare l’ultima pellicola del genere che Bava riuscì a confezionare prima della morte avvenuta nel 1980. Attraverso questo film possiamo una volte per tutte affermare che Mario Bava è stato il padre putativo di Dario Argento, un maestro dell’orrore che ha saputo trasmettere al regista italiano quella suspence macabra che ritroviamo in quasi tutte le pellicole settanta-ottanta di Argento. Bava fu il primo regista italiano ad esordire nell’horror (escludendo lo sperimentalismo antecedente al secondo conflitto mondiale). La maschera del demonio del 1960 segnò il suo esordio come regista nel mondo della celluloide. Un ritmo incalzante, misterioso che percorre la sottile linea che separa il thriller dall’horror.
E’ molto difficile riuscire a capire realmente la collocazione di questa pellicola ma attraverso l’interpretazione che si può ricavare nel guardarla possiamo tranquillamente affermare che l’elemento cardine è la commistione tra la follia e il paranormale. Questa difficoltà è sottolineata dai sottotitoli del film: Transfert, Suspence, Hypnos che marcano ancora di più l’impronta psicologica che ha la pellicola in questione mescolandone abilmente le carte. Dora, una donna rimasta vedova e con un figlio a carico Marco, si trasferisce nella sua vecchia villa insieme alla nuova fiamma che cerca di aggraziarsi le simpatie di Marco (figlio nato dal primo matrimonio). E’ in questa villa che cominciano a verificarsi strani eventi: allucinazioni paranoidi sofferte dalla donna, Marco che colloquia con il fantasma del padre, strani spostamenti di oggetti fino ad un epilogo drammatico che coinvolgerà tutti i membri della casa.
Rimane comunque insoddisfatto un interrogativo che può essere risolto solo guardando il film e interpretandolo secondo la propria visione? E’ davvero un horror fatto di eventi paranormali che condizionano attivamente i personaggi del film e dunque il risultato finale è il frutto di questi? Oppure la follia umana può creare da zero ogni tipo di circostanza che lo spettatore vivrà attraverso gli occhi dei personaggi della storia? E’ inutile svelare l’arcano poiché il film merita di essere visto proprio per capire come in Italia la pellicola di impronta psicologica aveva raggiunto il culmine proprio in quegli anni dopo che Bava e Argento l’avevano esportata nel bel paese, prelevandone i cardini dalla cultura anglosassone; su tutti basterebbe citare il nome di Alfred Hitchcock. Il film prosegue con un inizio lento a cui seguono una serie di accadimenti incessanti che portano la suspence e l’attenzione dello spettatore alle stelle fino al compimento finale del disegno di Bava. Nella parte di Dora troviamo Daria Nicolodi, ex moglie di Dario Argento, che accompagnò in moltissime pellicole l’ex marito, rivestendo ruoli congeniali al suo personaggio e di impronta psicologica (vedi: “Profondo rosso”, “Phenomena”, “La Terza Madre”, per citarne alcuni).
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