Mirror (Chi vive in quello specchio?)
E’ un film diretto nel 1980 dal tedesco Ulli Manfred Lommel con il titolo originale di “The Boogey Man”. Lommel, già noto al pubblico per i suoi discreti trascorsi di attore, è un artista poliedrico: compositore, scrittore, sceneggiatore e perfino produttore. In Germania si distinse sin dagli anni settanta per alcune pellicole di stampo fantascientifico, abbracciando sin da subito l’horror a tinte gotiche. Mirror è un film a basso budget che risulta una trovata commerciale ben congeniata se si pensa al rapporto tra i soldi spesi (circa 300,000$) e quelli guadagnati che si attesterebbero introno ai 35 milioni di dollari considerando l’intera distribuzione mondiale e il peso del dollaro rapportato ai giorni nostri. Le differenze tra il titolo originale e la traduzione italiana sono abbastanza evidenti: l’uomo nero, questa la traduzione originale che smaschera sin da subito le intenzioni del regista mentre invece è più allusivo quello della versione nostrana che si limita a focalizzare le proprie attenzioni sull’oggetto portatore di malefici facendo riferimento al mistero a cui fa capo. Lo specchio, chi vive in quello specchio? La risposta è proprio il titolo originale: l’uomo nero, una paura ancestrale e infantile che si cela al suo interno.
Il film parte bene: si comincia come il più classico dei thriller dai connotati psicologici (chiari riferimenti ad Halloween, specie per le inquadrature), poi però, man mano che le sequenze avanzano, si confonde tra la noia più totale e l’horror a sfondo “demoniaco” con chiari “furtarelli” da pellicole di anni precedenti come per esempio “The Amityville Horror” (lapalissiane, ancora una volta, alcune inquadrature esterne dell’abitazione degli zii di Lacey e Willy). Il piccolo Willy viene legato e imbavagliato a letto dall’amante della madre per aver disubbidito, la sorellina Lacey, invece, infischiandosene degli ordini, anziché andare a letto, libera dalla prigionia il fratello maggiore, con un grosso coltello da cucina. Questi, utilizzando la stessa arma, si vendica pugnalando a morte il patrigno nella stanza da letto. Per questo, il ragazzino subirà un violento shock diventando muto. Dopo parecchi anni, quando le cose sembravano essere tornate alla normalità, i due ricevono la lettera della madre morente che chiede loro, come ultimo desiderio, di perdonarla e di poterli riabbracciare. Questo avvenimento riporta a galla problemi reconditi che si manifestano attraverso strani incubi e visioni spettrali.
Lacey con l’aiuto del marito Jack cercherà di uscire da questo vortice di sensi di colpa ritornando nella casa natia dove, anni prima, si era consumato l’atroce delitto; purtroppo gli avvenimenti tenderanno a peggiorare a causa di uno specchio. Il film si perde ben presto in un bicchier d’acqua mostrando, oltre ai limiti dovuti probabilmente a un budget risicato, una trama piena di buchi, alcune castronerie improponibili e una storia estremamente accelerata che finisce per proiettare lo spettatore da una puntata di “Mezzanotte e dintorni” a un corso accelerato su come ci si comporta all’interno di un Mattatoio. La violenza splatter, a tratti gratuita, della seconda parte del film non appiana le defezioni di un’opera a metà che finisce per diventare la brutta copia di sequenze horror già trite e ritrite. Come non riesce ad aumentarne lo spessore del film la presenza, seppur velata, di un anziano John Carradine nei panni del Dr. Warren, lo psicologo di famiglia. Insomma uno di quei film dove è sconsigliato proporre un bis, seppur a distanza di anni. Infine è da sottolineare la singolare scelta di copertine (VHS e DVD) operata dalla AVO per la distribuzione italiana. Nel VHS vediamo il mostro, in versione peplum, imperversare su una casa, vestendo i panni di “Conan il barbaro” e nel DVD invece diventa lo zio Fester della famiglia Addams.
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