La notte dei sette assassinii
E’ un film di Paul Harrison datato 1974. La pellicola è un prodotto della TCA (Television Corporation of America), storica casa produttrice americana attiva dal 1870 (tra i pionieri della distribuzione televisiva) e produttrice della fortunata serie televisiva “Gianni e Pinotto” risalente alla metà degli anni ’50. Tornò a occuparsi di film dopo circa vent’anni di inattività e vicissitudini finanziarie proprio negli anni ’70, con questo prodotto, per poi scomparire definitivamente agli inizi degli anni ’80. Il titolo originale del film è “The House of seven corpses”, in italiano, la casa dei sette cadaveri. La differenza di traduzione si focalizza sul “momento esatto” in cui si materializzano le vicende principali su cui ruota la trama, la notte, appunto, anziché il luogo, la casa: i sette cadaveri sotterrati nel giardino del maniero vittime di un massacro operato anni prima a simboleggiare una maledizione che si ripete nelle vicende odierne della storia e porta a sua volta all’assassinio di altre sette vittime; da qui la scelta del sostantivo “assassinii” che altrimenti in inglese sarebbe stato “murders” (inteso come omicidi). Eric Hartman (John Ireland) con il “suo” cast di attori sceglie un antico maniero dell’età vittoriana per girare un film dell’orrore. L’antica villa, alla fine dell’ottocento, era stato teatro di sette omicidi perpetrati da mano ignota per via di un’antica maledizione legata ad un misterioso libro di magia nera: “Il libro Tibetano dei morti” (Tibetan book of the Dead).
Sarà proprio la lettura di alcuni passi di questo testo, eseguita da un’attrice del cast per ragioni di copione, a scatenare la furia di uno zombie, risorto dal cimitero di famiglia (limitrofo alla villa), che tornato dall’aldilà massacrerà “tutti” gli astanti dell’antico maniero come in un ridondante déjà vu senza fine. A parte i costi relativamente ridotti, il film scivola via attraverso una trama insensata, involuta e a tratti snervante. Forse, è l’unico esempio di prodotto televisivo di genere in cui ci si ritroverà ad assistere ad una serie di grottesche morti perpetrate da un solo ed unico zombie che riesce a prevaricare le vittime nonostante un esile corpo putrefatto, un’andatura estremamente lenta e una solitaria iniziativa decisamente prevedibile. La noia regna sovrana (non succede nulla per 3/4 del film) in questo cocktail indecente proposto da Harrison e a parte un’isteria di massa che porterà Gayle (Faith Domergue), attrice principale del film che si intendeva girare e compagna di Eric, il regista, a diventare inconsapevole complice dello zombie assassino, per il resto lo spettatore assisterà a cadute al limite del ridicolo, “effettacci” da Z-movie e incongruenze lapalissiane.
La pellicola ripropone sul set vecchie glorie del cinema: dalla Domergue, eroina del “Monster movie” anni ’50 a John Carradine, grande interprete del filone USA drammatico-visionario degli anni ’30 (nei panni di Edgar Price, il maggiordomo di casa che ammonisce sulle conseguenze della maledizione), passando per John Ireland (il regista Eric Hartman) che nel ’69 interpretò l’Ispettore Wald in “Una sull’altra”, il primo “storico” thriller filmato da Lucio Fulci. In sintesi, un film da evitare come la peste.
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