Delirium

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Horror in Bowery Street

Recensione: Girolamo Ferlito
Titolo originale: Street Trash
Lingua originale: Inglese
Anno: 1987
Durata: 91 minuti
Regia: Jim M. Muro
Soggetto: Roy Frumkes
Protagonisti principali: Vic Noto (Bronson), Mike Lackey (Fred), Bill Chepil (Bill, poliziotto), Mark Sferrazza (Kevin), Jane Arakawa (Wendy), Nicole Potter (Winette), Clarenze Jarmon (Burt)
Colonna sonora [audio:street_trash.mp3]

voto_mymovies 6 voto_delirium 7 voto_imdb 6

Street Trash è un film di Jim Michael Muro ed è datato 1987 (è stato girato nel 1986). Muro si può senza ombra di dubbio considerare un vero e proprio prodigio del mondo della cellulosa se si considera che quello fu il suo primo lavoro come regista e che aveva appena 21 anni quando, in Francia, agli inizi del 1987 il film fu presentato al pubblico per la prima volta. Nonostante questo approccio goliardico e invadente, al tempo stesso, con la regia, Muro non si ripropose più in prima linea, ad eccezione di una serie TV americana prodotta agli inizi del 2000. Il suo nome rimane comunque legato,  anche oggi, a molte pellicole famose dove, comunque, Muro partecipò e partecipa attivamente come operatore di camera mobile, quella, per intenderci, che si occupa di stabilizzare e seguire le riprese in movimento. Tra i film in cui lo troviamo come “Steadcam Operator”, questa la denominazione in lingua originale, citiamo: Brain damage (1988), Venerdì 13-Incubo a Manhattam (1989), Predator 2 (1990), Terminator 2 (1991),  True Lies (1994), Titanic (1997)Ogni maledetta domenica (1999), The Fast and the Furios (2001), X-men (2003 e 2006), solo per citare una piccola parte di quelli più famosi; è ovvio che non siamo al cospetto del “signor nessuno”. In una località di New York City attraversata da Bowery Street (località reale anche se il film è stato girato tra il quartiere di Brooklyn e la stessa NY City), teatro principale della storia, si combatte ogni giorno con il degrado, la prostituzione, la delinquenza e lo spaccio di droga fino a quando a sconvolgere il ritmo già indiavolato del quartiere ci pensa l’entrata in scena di una bevanda alcolica o no (non ci è dato saperlo) dalle qualità maledettamente controverse: il Viper, pare un’arma batteriologica dalle fattezze ignote. In una bottiglia di scotch dalla classica forma di borraccia piatta è racchiuso un liquido bluastro che se bevuto produce nel soggetto una reazione degna di un concerto degli “Who”, solo che a farne le spese non sono gli strumenti musicali ma gli stessi bevitori della sgargiante bevanda.

Una serie di esplosioni fantasmagoriche, cariche di coloratissimi effetti, scioglimenti di corpi e morti assurde fanno da padrone nelle scene più memorabili. Indimenticabile, tanto da immortale il film tra i cult, la scena del barbone, che dopo una bevuta di Viper, si liquefa letteralmente e viene risucchiato da un water posto in una casa demolita (locandina docet). E pensare che la comparsa del Viper è fortuita ed avviene in un seminterrato adibito a magazzino di un anonimo negozio di liquori di un quartiere frequentato da beoni, barboni e reduci del Vietnam alla ricerca di occasioni. Street trash è stato un trampolino di lancio per molti attori che fino a quel momento non avevano mai o quasi mai calcato i palcoscenici cinematografici e Muro riesce ad orchestrarli perfettamente attraverso un mix grottesco di violenza, sesso da strada, commedia e cliché colorati tipici della parentesi trash degli anni ottanta. Così nel vedere Horror in Bowery Street ci si concede il vezzo di lasciarsi travolgere da un complesso bouquet di variegate reazioni che vanno dalle risate al disgusto passando per l’indignazione, il fascino, la collera e perfino il turbamento. Assisteremo inebetiti ad esplosioni bluastre o verdognole di corpi umani, a un pene utilizzato come palla ovale in un improvvisato match di football americano tra scapoli contro ammogliati, “gang bang” in uno sfasciacarrozze e tante altre situazioni al limite del paradosso.

Street Trash (in italiano la strada dei rifiuti), palese metafora della condizione degli scenari che ne fanno da cornice, può essere considerato la sintesi perfetta di un periodo scanzonato e irriverente che attraversò ogni settore della vita sociale: dalla musica, alla moda coinvolgendo anche cinema, TV e la politica italiana (in quest’ultimo caso nella sua accezione più negativa del termine “immondizia”). Un film che non conobbe mezze misure, forse anche una “denuncia sociale” sullo stato di abbandono in cui furono lasciati i reduci del Vietnam, sfacciatamente divertente e disarmante, di quelli che si amano alla follia o si odiano per il resto della vita.

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