Delirium

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Essi vivono

Recensione: Girolamo Ferlito
Titolo originale: They live
Lingua originale: Inglese
Anno: 1988
Durata: 93 minuti
Regia: John Carpenter
Soggetto: Ray Nelson (racconto “Eight O’Clock in the Morning”)
Protagonisti principali: Roddy Piper (Nada), Keith David (Frank), Meg Foster (Holly), George ‘Buck’ Flower (Drifter), Peter Jason (Gilbert), Raymond St. Jacques (Il prete
Colonna sonora [audio:essi_vivono.mp3]

voto_mymovies 7,5 voto_delirium 8 voto_imdb 7

They Live è un film di John Carpenter datato 1988. Figlio di un musicista, amante della musica tanto da occuparsi in prima persona delle colonne sonore dei suoi film, è un fan di Lovecraft del quale è affascinato della commistione tra l’horror e la fantascienza che si fondono perfettamente nella letteratura del fantastico. Con queste premesse Carpenter sviluppò una carriera cinematografica strepitosa che raggiunse il culmine artistico proprio negli anni ’80 quando il newyorkese sfornò una serie di lavori che restarono per sempre nell’immaginario collettivo e che segnarono un’epoca. Se si pensa al fatto che Carpenter tra il 1982 e il 1987 diresse film come, The Fog, 1997: fuga da New York, La Cosa, Christine: la macchina infernale, Starman, Grosso guaio a China Town e Il Signore del male, ci si rende subito conto di chi stiamo parlando. Ecco, per concludere un periodo così florido, la realizzazione di “Essi vivono” che viene messo in piedi sfruttando lo stesso budget (per decisione proprio di Carpenter) che era stato destinato dalla produzione per la realizzazione de “Il Signore del male”, questo lo si intuisce nell’analizzare le location e in particolar modo la chiesa dove i “terroristi-rivoluzionari” organizzavano le loro sortite contro le istituzioni (la stessa di Prince of Darkness) e la città di Los Angeles che per la varietà di classi sociali offrì un panorama consono per il nuovo progetto del regista.

Veniamo al film. Nada, impersonato dal canadese Roddy Piper (pseudonimo di Roderick Toombs), noto all’ambiente del Wrestling dell’epoca per l’usanza bizzarra di presentarsi agli incontri suonando una cornamusa vestito con il kilt scozzese,  è un operaio costretto ad emigrare dalla propria città alla ricerca di un nuovo lavoro che gli assicuri il necessario sostentamento. Lo trova a New York, dove svolge lavori per lo più di muratura e dove conosce Frank un carpentiere che gli fa da cicerone. Accanto alla baraccopoli dove i due svolgono altri lavori, e dove si rifugiano per la notte, però, ci sono degli strani movimenti. Nada è curioso e si avventura all’interno della chiesa scoprendo che in realtà l’edificio è la copertura di un gruppo di “terroristi” intenti a pianificare il prossimo attacco contro lo Stato. L’operaio non è interessato a mettersi nei guai ma le parole di un prete cieco, su strani “atteggiamenti” persuasivi del governo per tenere soggiogato il popolo e l’eccessiva ferocia impiegata dalla polizia contro i senza tetto per sgombrare la baraccopoli e contro l’organizzazione presente nella chiesa lo insospettiscono. Così John Nada si avventura nuovamente nella struttura “sacra”, profittando del disordine e dello sgombero, e viene in possesso di una scatola di, all’apparenza, normali occhiali da sole. Nell’indossarli, però,  l’uomo constaterà un’amara realtà che cambierà per sempre il modo di vedere la realtà che lo circonda e che gli farà capire da che parte stare.  Carpenter attraverso questo fantahorror marca la mano pesantemente sulla denuncia sociale ricalcando le tematiche tanto care al sociologo tedesco Herbert Marcuse che spese grande della sua vita nella lotta contro la Massificazione, il potere dei Media e la forza distruttiva del Consumismo. Spietato e attualissimo il messaggio del regista che trasforma la sua pellicola in una metafora sociale attraverso il ridondante ripetersi di messaggi subliminali che sopiscono le menti del popolo piegandolo alla volontà di una “forza aliena”.

Piper si cala perfettamente nella parte (tant’è vero che resterà la sua migliore interpretazione), vivendo in prima persona le disavventure del personaggio che interpreta, calandosi nei panni del proletario prima ancora di girare il film. Los Angeles, dal canto suo, offre involontariamente importanti spunti per l’excursus delle vicende, nell’agghiacciante differenza tra ricchi e poveri sottolineata dalle evidenti diversità tra i sobborghi e il centro città. In definitiva abbiamo per le mani l’ennesimo capolavoro di Carpenter, seppur  vissuto con aria molto più smaliziata e più vicina a lavori come “Grosso guaio a China Town” piuttosto che a “Il Signore del male”,  realmente alla portata di qualunque fascia di pubblico, affinché il messaggio sia chiaro in ogni fotogramma. Emblematica la frase che traspare quando John Nada osserva, con gli occhiali da sole, il denaro: “Sono il tuo Dio”. Persino gli autori di Dylan Dog trovarono modo, di dedicare un intero fumetto (esattamente il n° 62 “I Vampiri”), all’idea di Carpenter.

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