Delirium

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Zeder

Recensione: Girolamo Ferlito
Titolo originale: Zeder
Lingua originale: Italiano
Anno: 1983
Durata: 98 minuti
Regia: Pupi Avati
Soggetto: Pupi Avati
Protagonisti principali: Gabriele Lavia (Stefano), Anne Canovas (Alessandra), Paola Tanziani (Gabriela Goodman), Cesare Barbetti (Dottor Meyer), Bob Tonelli (Mister Big)
Colonna sonora [audio:zeder.mp3]

voto_mymovies 7 voto_delirium 7,5 voto_imdb 6

Zeder è un film di Pupi Avati (pseudonimo di Giuseppe Avati), datato 1983. Il regista bolognese affascinato dall’arte e dalla musica “colta”, si era distinto negli anni sessanta come scenografo di alcune pellicole d’autore. Esordisce nel mondo del Cinema, nei primi anni settanta con film che hanno come sfondo il maligno ma con una tendenza verso il grottesco che colloca i primi film di Avanti sulla sottile linea di confine tra l’horror e il comico. E’ nel 1976 che Avati si consacra definitivamente come regista dell’orrore italiano anni settanta, insieme ai volti noti, con la pellicola “La casa dalle finestre che ridono”, che riscuote un ottimo successo di botteghino e un discreto apprezzamento della critica. Successivamente Avati ricalca i temi del grottesco con  “Tutti defunti… tranne i morti”, 1977. Zeder si colloca dopo un periodo in cui Avati aveva realizzato alcuni sceneggiati per la R.A.I. e altri film per la TV. Con questo film il regista sfora nell’horror puro mostrando una cattiveria e un gusto verso il gotico parecchio apprezzabili. Autore della storia di “Macabro” (1980), il film che lanciò Lamberto Bava (figlio del grande Mario Bava), con Zeder Avati ci proietta in una storia fatta di incubi e resurrezioni che ispireranno molti film successivi e scrittori di successo nel campo dell’orrido.

Una storia che vede come protagonista un giovane scrittore di Bologna Stefano, impersonato da Gabriele Lavia, che già negli anni precedenti, avevamo apprezzato nel campo del Teatro (tutt’oggi il suo “cavallo di battaglia”) e in altri film horror e thriller, tra cui “Profondo rosso” (1975), celeberrimo lavoro di Dario Argento, dove impersonò Carlo un giovane musicista alcolizzato e strafatto di droghe, dall’infanzia burrascosa. Lo sfondo della storia narra di ricerche avvenute alla fine dell’ottocento e portate avanti dal Professor Meyer, finalizzate nella scoperta di una zona nota come “Terreno K”, dove pare i defunti riprendano vita (tema alquanto caro al regista). Un misto tra uno Zombie-Movie e uno splatter che non disdegna di regalare allo spettatore attimi di suspence e terrore puro. Il filo conduttore è la curiosità di Stefano che trasferitosi in un paesino tra Bologna e Rimini, cerca tranquillità per realizzare il romanzo di una vita, grazie ad una macchina da scrivere appena regalatele dalla fidanzata. Il caso vuole che sul nastro siano incise alcuni scritti di Meyer che fanno capo alle ricerche sul Terreno K.  Stefano vedendo in questo la possibilità di lanciarsi definitivamente come scrittore di grido comincia ad indagare e scopre che già qualcuno si era interessato all’argomento; Paolo Zeder (da qui il nome del film), un prete che aveva perso i voti per essersi dedicato alla magia nera e alle possibili implicazioni con il terreno in questione.

Il giovane scrittore ben presto si renderà conto di trovarsi in una storia più grande di quanto potesse immaginare. Zeder segna il traguardo di Pupi Avanti con il genere horror, visto che il regista non si ripeterà più sull’argomento spostando il suo interesse sulla commedia italiana che nel frattempo tornava a farsi largo tra le preferenze delle spettatore. Nel 1996 tentò di riaffacciarsi al cinema horror riproponendo il suo “antico” interesse verso l’occulto e la magia nera, con “L’Arcano incantatore”, film decisamente dai toni più blandi, (rispetto al suo ultimo lavoro), che scade nelle “tematiche buie” del tardo medioevo di matrice cattolica.

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